Le persone trascorrono circa il 90% del nostro tempo in ambienti confinati e la recente epidemia ha reso più evidente la necessità di vivere in ambienti salubri, rivestiti da superfici che possano contribuire allo stato di salute di chi li vive, tanto quanto una ventilazione adeguata. Ripercorrendo la storia degli ambienti confinati, già nel 400 a.C. Ippocrate teorizzava come l’ambiente fisico fosse un elemento fondamentale per il mantenimento in salute delle persone. Ogni volta che l’umanità ha subito una pandemia le condizioni igieniche degli ambienti interni si sono evolute, come è successo nel passaggio tra il medioevo ed il rinascimento, in occasione della peste nera del 1600 e a metà 1800, quando le epidemie di colera e di tifo diedero impulso allo sviluppo delle reti fognarie. In tempi più moderni, all’alba del ventesimo secolo, la diffusione dell’influenza spagnola comportò un cambiamento dei materiali da rivestimento degli ambienti interni : i tessili e la carta da parati lasciarono il passo all’impiego massiccio di piastrelle e linoleum. E’ probabile che anche questa nuova pandemia imponga un nuovo cambiamento in questo senso : tra i segnali di questo prossimo futuro vi è uno studio pubblicato recentemente da due virologi su The New England Journal of Medicine, i quali hanno scoperto che il virus responsabile del COVID-19 sopravvive fino a tre giorni sulle superfici plastiche e a due giorni sull’acciaio, fino a ieri considerati materiali “igienici”, mentre esso dimostra di durare poche ore su cartone e rame.
Alcuni materiali si rivelano più adatti di altri a garantire l’igiene delle superfici, in linea con i principi dell’architettura biofilica che cerca di impiegare il più possibile rivestimenti di derivazione naturale per perseguire l’obiettivo della salubrità degli ambienti interni. Anche in questo ambito esistono materiali che garantiscono prestazioni antibatteriche. Primo fra tutti il sopra citato rame, che in questi giorni è salito alla ribalta per il fatto di essere in grado di rendere inattivo in poche ore il virus SARS-CoV, assieme a tutte le leghe metalliche che lo contengono, come ad esempio l’ottone, che è stato dimostrato essere in grado di ridurre il rischio di infezioni generiche del 58% in ambito ospedaliero.
Per quanto riguarda i pavimenti, solitamente la palma dell’igiene si conferisce alle piastrelle in gres porcellanato, in particolare alle versioni “antibatteriche” che prevedono l’aggiunta di biossido di titanio o argento ionico, senza considerare che la presenza delle fughe può essere un problema in questo senso. In realtà esistono due alternative migliori, realizzate esclusivamente con materie prime di origine naturale. La prima è il linoleum, spesso erroneamente confusa con i prodotti vinilici, che si distingue dagli stessi non solo per il fatto di essere di origine completamente naturale ma anche per le importanti proprietà antibatteriche ed antistatiche che la rendono molto diffuso negli ospedali. Una delle principali aziende produttrici ha commissionato alcuni studi a riguardo, da cui è emerso che questo materiale è estremamente efficace contro lo Staphylococcus aureus ed il Norovirus. Una alternativa altrettanto naturale per rivestire i pavimenti è il sughero, un materiale che presenta un ottimo comportamento antibatterico, soprattutto nei confronti dello Staphylococcus aureus e dell'Escherichia coli.
Sulle pareti è possibile combattere i microorganismi nocivi con l’impiego delle cosiddette idropitture sanificanti, che sono in grado di agire contro la presenza di elementi patogeni, impedendone la proliferazione, e nel frattempo contribuiscono a migliorare la qualità dell'aria domestica, abbattendo i livelli di formaldeide presenti all'interno delle stanze. La soluzione più naturale in questo senso è l’utilizzo di idrato di calcio, o acqua di calce, un antibatterico naturale privo di additivi chimici utilizzato da sempre nell’edilizia, che consente anche di ottenere delle velature pigmentate con terre naturali.
Oltre alla scelta dei materiali, fondamentali rimangono sia l’igiene personale che quella degli ambienti, le cui superfici vanno igienizzate spesso e possibilmente con detergenti a base naturale che non rilascino nell’aria sostanze volatili nocive, come ad esempio una soluzione acqua ossigenata diluita in acqua, o in alternativa alcool o aceto. Un ulteriore ausilio per garantire la salubrità indoor lasciando fuori per quanto possibile gli agenti patogeni è la presenza all’ingresso di un locale filtro tra l’ambiente esterno e quello interno, la cosiddetta “mudroom”, nel quale prevedere un pavimento in fibra di cocco, gomma o altri materiali naturali che consentano di potersi pulire (o se possibile togliere) le scarpe prima di entrare.
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